Dante accede al regno degli inferi attraverso una porta che immette in una zona antistante l’inferno vero e proprio, al di qua del fiume Acheronte che ne delimita il confine. Si tratta dell’antinferno, luogo in cui giacciono le anime degli ignavi, cioè coloro che per vigliaccheria non seppero scegliere tra il bene e il male. Oltre il fiume si apre la voragine infernale, costituita da nove cerchi concentrici che si restringono verso il basso fino a toccare il punto più profondo della Terra, sede di Lucifero. Ogni cerchio ospita i dannati accomunati dalla natura del male commesso: quanto più il peccato è grave tanto più vicino a Lucifero è il luogo di tormento a cui questi sono destinati per l’eternità.
Le anime sono distinte da Dante in tre grandi sezioni, a seconda che le loro colpe derivino da incontinenza (dal II al V cerchio), cioè dall’incapacità di tenere a freno i sensi e l’istinto, da violenza (VII cerchio) o da malizia (VIII e IX cerchio), inclinazioni, queste ultime, ritenute più gravi perché coinvolgono ciò che è proprio del genere umano, cioè la ragione.
Le pene inflitte obbediscono alla legge del contrappasso, parola il cui significato etimologico è “soffrire il contrario”: il dannato subisce un tormento rituale che riflette il male commesso in vita. Il contrappasso può essere per analogia quando la pena è un’esasperazione dell’atto peccaminoso (ad esempio, chi in vita è stato vittima del vizio capitale della gola è ora costretto a ingurgitare per l’eternità sostanze disgustose), o per contrasto quando il dannato è piegato da un tormento che è l’opposto del peccato (così gli ignavi, che in vita non hanno voluto schierarsi, sono costretti a soffrire inseguendo una bandiera bianca che rappresenta un vessillo privo di valore).